Facendo finta che non siano passate decadi dall'ultimo post, oggi vi "allieterò" con una riflessione uscita fuori da una chiacchierata con un amico giornalista fatta recentemente.
Una riflessione che mi ha tenuto la testa occupata ben oltre il tempo della nostra conversazione; in poche parole la suddetta cercava di districarsi tra i meandri del ben, giusto e corretto pensare dei cuochi di oggi, alla ricerca della risposta definitiva al quesito fondamentale, ovvero: è più giusto, per un cuoco, proporsi, lanciarsi sul mercato con le porprie idee o aspettare che sia il mercato, i clienti, a venire da lui a scoprire la sua arte?
La risposta più giusta è diversa a seconda del periodo storico in cui viene posta. Diciamo che al giorno d'oggi, la tendenza attuale dell'alta cucina segue la prima corrente di pensiero. Oggi tutti i più grandi Chef, vuoi per la crisi economica che ha inevitabilmente colpito anche loro, vuoi per il diffondersi di potenti mezzi di comunicazione, vuoi per la crescente domanda del pubblico, si fanno vedere in TV con programmi a loro dedicati, aprono scuole di cucina, scrivono libri su libri, fanno pubblicità a questo o quel prodotto, elaborando prodotti a loro nome e chi più ne ha più ne metta. Insomma, lo Chef stellato preferisce il calore dei riflettori al calore dei fornelli.
E la domanda sorge spontanea. Quanto di vero c'è in questa modus operandi?
Il fatto che un bravo e telegenico cuoco mi proponga delle ottime ricette o mi dia dei consigli su certe preparazioni mi da la certezza che sto effettivamente seguendo i suoi consigli? Io penso di no...
Quei consigli sono, inevitabilmente, filtrati, controllati dagli autori del programma, sono studiati per essere comprensibili ai più e politicamente corretti.
Scommetto che vi sarà capitato di vedere qualche puntata di Cuochi e Fiamme, di Master Chef, di La prova del Cuoco, sono inevitabilmente programmi interessanti per chi ama la cucina, che invogliano a cimentarsi ai fornelli, che comunicano una cultura del cibo, tutto sommato, accettabile e abbastanza coerente con la nostra cultura gastronomica italiana. Ma, a mio parere, chi segue questi programmi o legge questi libri deve guardare oltre lo schermo, oltre il libro, oltre le scuole e andare indietro nel tempo, a quando i nostri nonni e bisnonni con poco riuscivano ad avere molto, con semplicità riuscivano ad elaborare la complessità. Bisogna liberarsi dalle zavorre dei mille consigli per guardarsi dentro e trovare la propria strada, la propria idea, la propria cultura culinaria che è insita nel nostro DNA di italiani.
Siamo tutti, chi più chi meno, innamorati della cucina. Tutti gli italiani dovrebbero saper fare e farsi da mangiare, non perchè lo dico io o la Clerici o lo Chef stellato di turno, ma perché, in quanto italiani, siamo portatori sani di gusto e creatività vera.
La verità di una persona o di cuoco si assapora solamente seduti al tavolo da pranzo della sua cucina o al tavolo della sala del suo ristorante. Chi non cucina per gli altri non vuol farsi conoscere, non vuole rivelare la propria anima preferendo l'ombra e l'anonimato del fast food o del già pronto e surgelato.
Quindi, se mi è permesso un consiglio, quando vi è possibile, cucinate pranzetti o cenette a casa vostra, cimentatevi con le preparazioni e a andate al ristorante con spirito critico e analitico, scoprirete profondità inesplorate che vi arricchiranno come persone ma soprattutto come italiani.
lunedì 24 dicembre 2012
venerdì 20 luglio 2012
Gelato tutto l'anno x favore
Ho la fortuna di abitare sopra a una gelateria, anzi, 3 piani sopra a una delle migliori gelaterie di Padova. Come al solito non farò nomi, per non farle ulteriore pubblicità, che, a quanto vedo, non ne ha bisogno.
E' una storia curiosa da raccontare. Prima di quella gelateria, 14 anni fà, c'era una gelateria. Mi spiego meglio. Quando nel 1998 mi trasferii e venni ad abitare nella casa dove vivo oggi, in quei locali in cui oggi risiede la migliore gelateria patavina risiedeva una gelateria che, contrariamente a questa, era a dir poco pessima. Una classica gelateria con 10 gusti al massimo che apriva solo di sera.
Poi dopo 2 anni, ovviamente, chiuse, e dopo un po' arrivò una banca che resistette per ben 10 anni, per poi abdicare in favore di un parrucchiere per donna, con arredamento alla moda e angolo manicure. La particolarità è che faceva i prezzi più bassi che si siano mai visti. Infatti dopo pochi mesi chiuse e si dice che il titolare, pieno di debiti, sia scappato chissà dove.
Bene, quindi dovemmo aspettare quasi un anno prima di rivedere un po' di movimento in quei locali sfortunati. Ma Padova, dal 1998, era cambiata parecchio. Mi riferisco alla imposizione della ZTL (zona a traffico limitato) che come una scure ha costretto centinaia di negozi a chiudere perchè, come è noto, parcheggiare a Padova è come cercare un biglietto per la finale di Champions League. Quindi raggiungere il centro, in auto, è possibile solo tramite pochi varchi e uno di questi è la via in cui abito. Geniale fu, quindi, il mix tra accessibilità e qualità. Questo è ciò che caratterizza la migliore gelateria di Padova sotto casa, la qualità intesa come varietà di gusti, bontà degli stessi siano essi classici come l'amato pistacchio o stravaganti come il bacio di dama con inserti croccanti.
Non starò ad elencarvi tutti i gusti da me provati che corrispondono all'intera loro offerta, ma mi soffermerò su un'altro e ultimo aspetto che, secondo me, ha fatto il successo di questa attività, ovvero, la gentilezza del personale tutto l'anno e non solo in estate. Non so voi ma mangiare una coppa di gelato in gennaio mi piace tantissimo e non vedo perchè un piacere così semplice come una pallina di pistacchio mi debba essere precluso solo perchè fuori ci sono -2° C.
Il gelato tutto l'anno, abbinato anche a un servizio creaps ricco e caldo e a una produzione di torte semifredde può far sopravvivere una gelateria anche nell'inverno più rigido. Questi e molti altri fattori contribuiscono al successo di un'attività come questa che, a quanto so, è molto remunerativa. Basti pensare al food cost di una coppetta di gelato con 2 gusti che grossomodo si aggira attorno ai 20 cent, aggiungiamo 10 centesimi per la coppetta di carta e il cucchiaino e arriviamo a 30 cent. Una coppetta 2 gusti costa al pubblico € 2,50. Fatevi due conti, io li ho già fatti, e sono arrivato a una sola conclusione...prossimamente mi iscrivo a un corso per gelatai.
E' una storia curiosa da raccontare. Prima di quella gelateria, 14 anni fà, c'era una gelateria. Mi spiego meglio. Quando nel 1998 mi trasferii e venni ad abitare nella casa dove vivo oggi, in quei locali in cui oggi risiede la migliore gelateria patavina risiedeva una gelateria che, contrariamente a questa, era a dir poco pessima. Una classica gelateria con 10 gusti al massimo che apriva solo di sera.
Poi dopo 2 anni, ovviamente, chiuse, e dopo un po' arrivò una banca che resistette per ben 10 anni, per poi abdicare in favore di un parrucchiere per donna, con arredamento alla moda e angolo manicure. La particolarità è che faceva i prezzi più bassi che si siano mai visti. Infatti dopo pochi mesi chiuse e si dice che il titolare, pieno di debiti, sia scappato chissà dove.
Bene, quindi dovemmo aspettare quasi un anno prima di rivedere un po' di movimento in quei locali sfortunati. Ma Padova, dal 1998, era cambiata parecchio. Mi riferisco alla imposizione della ZTL (zona a traffico limitato) che come una scure ha costretto centinaia di negozi a chiudere perchè, come è noto, parcheggiare a Padova è come cercare un biglietto per la finale di Champions League. Quindi raggiungere il centro, in auto, è possibile solo tramite pochi varchi e uno di questi è la via in cui abito. Geniale fu, quindi, il mix tra accessibilità e qualità. Questo è ciò che caratterizza la migliore gelateria di Padova sotto casa, la qualità intesa come varietà di gusti, bontà degli stessi siano essi classici come l'amato pistacchio o stravaganti come il bacio di dama con inserti croccanti.
Non starò ad elencarvi tutti i gusti da me provati che corrispondono all'intera loro offerta, ma mi soffermerò su un'altro e ultimo aspetto che, secondo me, ha fatto il successo di questa attività, ovvero, la gentilezza del personale tutto l'anno e non solo in estate. Non so voi ma mangiare una coppa di gelato in gennaio mi piace tantissimo e non vedo perchè un piacere così semplice come una pallina di pistacchio mi debba essere precluso solo perchè fuori ci sono -2° C.
Il gelato tutto l'anno, abbinato anche a un servizio creaps ricco e caldo e a una produzione di torte semifredde può far sopravvivere una gelateria anche nell'inverno più rigido. Questi e molti altri fattori contribuiscono al successo di un'attività come questa che, a quanto so, è molto remunerativa. Basti pensare al food cost di una coppetta di gelato con 2 gusti che grossomodo si aggira attorno ai 20 cent, aggiungiamo 10 centesimi per la coppetta di carta e il cucchiaino e arriviamo a 30 cent. Una coppetta 2 gusti costa al pubblico € 2,50. Fatevi due conti, io li ho già fatti, e sono arrivato a una sola conclusione...prossimamente mi iscrivo a un corso per gelatai.
martedì 19 giugno 2012
Tante cose da dire ma così poco tempo per scriverle
Lo so, lo so, è da parecchio che non scrivo un nuovo post nel blog. Lo so che non riuscite a fare a meno di leggere e rileggere i vecchi post nella speranza di scoprirne uno da un momento all'altro. Ovviamente ci sto ridendo sopra, anche perché sono sicuro che per la vostra mente è passato un pensiero pericoloso, ovvero, vi sarete chiesti sicuramente quale potesse essere stata la causa di una così lunga e ingiustificata assenza. Avrà perso la motivazione di scrivere? Si sarà trasferito in una località sperduta nei monti dolomitici in cui non può avere accesso alla rete? O gli è successo qualcosa di grave alle dita delle mani tanto da non poter battere a pc? Tranquilli, niente di tutto questo. Sfortunatamente per voi, io invece dico FORTUNATAMENTE, la causa principale della mia assenza è il Lavoro, troppo Lavoro. Esso mi ha impedito di concentrarmi e di pensare concretamente e seriamente al mondo dell'alta cucina. Esso mi ha impedito di "deliziare" la vostra lettura con un'altra mia riflessione riflessiva sul mondo dei fornelli. Esso mi ha costretto a mettermi a dieta (che brutta parola) e quindi a impedirmi di concepire pranzi e cene frutto di ricette di stagione ed esperimenti profumati.
Ma ora eccomi qua. Ho qualcosa da dirvi. Ho una riflessione importante da presentarvi e una domanda da sottoporvi.
La domanda è la seguente: Meglio prendere 3 stelle Michelin o restare con 2 stelle?
Voi direte che sono impazzito a porre una domanda semplice e stupida come questa. E' ovvio che 3 sono meglio di 2 perchè 3 stelle Michelin danno fama, soldi e il rispetto dei colleghi, nonchè un posto nella storia della guida più famosa al mondo. Qualunque Chef al mondo ambisce a prenderne 3 e, qualcuno venderebbe la propria madre per questo.
Secondo me invece, contrariamente a quanto si può pensare (ed è per questo che ho posto questa domanda provocatoria) 2 sono meglio di 3. Questa affermazione è il risultato di recenti riflessioni avute con un importante Chef italiano dopo una meravigliosa cena che difficilmente dimenticherò.
La riflessione parte dal basso, dalla semplicità dei rapporti umani, dall'analisi di che cosa sia giusto o non giusto essere e che cosa sia necessario o non necessario avere. Senza pontificare lezioni di vita, questo famoso Chef, di cui non dirò il nome, mi ha serenamente detto che "piuttosto di prendere 3 stelle chiudo il locale e mi metto a fare altro". Stranamente nell'attimo immediatamente successivo a questa sua solenne affermazione ho provato un senso profondo di ammirazione e rispetto, non per la frase in se, che come si sarà capito condivido, ma per la tranquillità con cui questa frase è stata detta. Il modo in cui è stata detta, infatti, trasudava un profondo ragionamento storico, delle importanti riflessioni, e manifestava prepotentemente una consapevolezza e una sicurezza devastante nei propri mezzi.
Poi siamo andati a fondo nei ragionamenti, perchè volevo capire, anche se li intuivo già, i perchè di questa decisione. La chiacchierata è durata tanto ed è stata per me molto illuminante come lo sono tutte quelle che ho fatto con persone di alto livello culturale, lavorativo e sentimentale.
Ora non voglio esporvi le motivazioni e le riflessioni uscite dalla nostra chiacchierata, perché sarebbero incomprensibili ai più. Ma voglio concludere questo post semplicemente con un invito, un'invito alla visione di un film recentemente uscito nelle sale di cui trovate già il dvd, che si intitola MONEYBALL - L'ARTE DI VINCERE, in esso potrete trovare molte affinità con il mondo dell'alta cucina, come con qualsiasi settore caratterizzato da una altissima competizione. Lascio quindi la conclusione a questo film che, personalemente, è molto piaciuto e che vi consiglio, soprattutto per il finale.
Ma ora eccomi qua. Ho qualcosa da dirvi. Ho una riflessione importante da presentarvi e una domanda da sottoporvi.
La domanda è la seguente: Meglio prendere 3 stelle Michelin o restare con 2 stelle?
Voi direte che sono impazzito a porre una domanda semplice e stupida come questa. E' ovvio che 3 sono meglio di 2 perchè 3 stelle Michelin danno fama, soldi e il rispetto dei colleghi, nonchè un posto nella storia della guida più famosa al mondo. Qualunque Chef al mondo ambisce a prenderne 3 e, qualcuno venderebbe la propria madre per questo.
Secondo me invece, contrariamente a quanto si può pensare (ed è per questo che ho posto questa domanda provocatoria) 2 sono meglio di 3. Questa affermazione è il risultato di recenti riflessioni avute con un importante Chef italiano dopo una meravigliosa cena che difficilmente dimenticherò.
La riflessione parte dal basso, dalla semplicità dei rapporti umani, dall'analisi di che cosa sia giusto o non giusto essere e che cosa sia necessario o non necessario avere. Senza pontificare lezioni di vita, questo famoso Chef, di cui non dirò il nome, mi ha serenamente detto che "piuttosto di prendere 3 stelle chiudo il locale e mi metto a fare altro". Stranamente nell'attimo immediatamente successivo a questa sua solenne affermazione ho provato un senso profondo di ammirazione e rispetto, non per la frase in se, che come si sarà capito condivido, ma per la tranquillità con cui questa frase è stata detta. Il modo in cui è stata detta, infatti, trasudava un profondo ragionamento storico, delle importanti riflessioni, e manifestava prepotentemente una consapevolezza e una sicurezza devastante nei propri mezzi.
Poi siamo andati a fondo nei ragionamenti, perchè volevo capire, anche se li intuivo già, i perchè di questa decisione. La chiacchierata è durata tanto ed è stata per me molto illuminante come lo sono tutte quelle che ho fatto con persone di alto livello culturale, lavorativo e sentimentale.
Ora non voglio esporvi le motivazioni e le riflessioni uscite dalla nostra chiacchierata, perché sarebbero incomprensibili ai più. Ma voglio concludere questo post semplicemente con un invito, un'invito alla visione di un film recentemente uscito nelle sale di cui trovate già il dvd, che si intitola MONEYBALL - L'ARTE DI VINCERE, in esso potrete trovare molte affinità con il mondo dell'alta cucina, come con qualsiasi settore caratterizzato da una altissima competizione. Lascio quindi la conclusione a questo film che, personalemente, è molto piaciuto e che vi consiglio, soprattutto per il finale.
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