giovedì 14 marzo 2013

Noi di Sala - Un'associazione che ci voleva



Qualche giorno fa, era il 14 febbraio, mi appare un tweet del mitico Carlo Spinelli che recitava "Le nuove regole del nuovo uomo di sala. Maitre e sommelier siete avvertiti!" . Incuriosito clicco e scopro una piacevole video intervista all'altrettanto mitico Alessandro Pipero.
Con mia gioia e stupore vengo a conoscenza di una notizia che ha dell'incredibile: alcuni maitre di sala e sommelier italiani hanno deciso di uscire fuori dalle loro splendide sale e parlare al mondo di loro e del loro lavoro.
Nasce, quindi, NoidiSala www.noidisala.com un'associazione di professionisti italiani di sala e di cantina che con passione e semplicità hanno unito le forze strutturandosi, dandosi un bel nome, e promuovendo interessanti iniziative.
FINALMENTE!! E lo ripeto FINALMENTE!! Ci voleva un'associazione così. In un mercato enogastronomico-ristorativo drogato e zeppo di Chef prime donne, che fanno i programmi più improbabili, che giudicano spietatamente la massaia o l'aspirante cuoco di turno è giunto il momento di cambiare prospettiva.
La prospettiva del personale di Sala è un aspetto del tutto assente dai programmi che parlano di ristorazione o affini; questo è colpa di una mentalità limitata che considera il ristorante solo come sinonimo di cucina, ovvero la cucina dello Chef, e la sala viene rilegata a mera appendice della stessa.

La Sala è il palcoscenico, il ristorante il teatro. I registi sono il Maitre e il Sommelier, gli attori i ragazzi e le ragazze di Sala, lo sceneggiatore lo Chef. Una compagnia teatrale che propone ogni giorno uno spettacolo sublime, con attenzione e pazienza, un team in cui ognuno ha il suo ruolo e responsabilità di pari dignità.
Infatti, mi risulta impensabile, che lo sceneggiatore di punto in bianco irrompa sul pacoscenico, cambi la sceneggiatura, prenda il posto dei registi e inizi a fare di testa sua.
Ahimè talvolta accade, ma non in teatro, bensì in ristoranti anche importanti o, almeno, considerati tali. Si perchè è culturalmente diffusa la consuetudine, in Italia, di considerare il lavoro altrui come inutile, poco importante e facilmente sostituibile o rimpiazzabile.
Se si lavora bene è un dovere e un'ovvietà, se si lavora male è una colpa personale irrecuperabile. Il Merito e la Meritocrazia sono due parole di un unico concetto che (mi dispiace dirlo) è assente a tutti i livelli e il concetto di squadra un elemento anch'esso assente.
E' un male diffuso non solamente nel settore della ristorazione, ma in quasi tutti i settori lavorativi.
Quindi ben venga un'associazione così, che punta a valorizzare la professionalità, che punta a formare e far conoscere le doti che il personale di Sala deve avere per fare il proprio lavoro con qualità.



lunedì 24 dicembre 2012

Parola d'ordine: Farsi conoscere

Facendo finta che non siano passate decadi dall'ultimo post, oggi vi "allieterò" con una riflessione uscita fuori da una chiacchierata con un amico giornalista fatta recentemente.
Una riflessione che mi ha tenuto la testa occupata ben oltre il tempo della nostra conversazione; in poche parole la suddetta cercava di districarsi tra i meandri del ben, giusto e corretto pensare dei cuochi di oggi, alla ricerca della risposta definitiva al quesito fondamentale, ovvero: è più giusto, per un cuoco, proporsi, lanciarsi sul mercato con le porprie idee o aspettare che sia il mercato, i clienti, a venire da lui a scoprire la sua arte?
La risposta più giusta è diversa a seconda del periodo storico in cui viene posta. Diciamo che al giorno d'oggi, la tendenza attuale dell'alta cucina segue la prima corrente di pensiero. Oggi tutti i più grandi Chef, vuoi per la crisi economica che ha inevitabilmente colpito anche loro, vuoi per il diffondersi di potenti mezzi di comunicazione, vuoi per la crescente domanda del pubblico, si fanno vedere in TV con programmi a loro dedicati, aprono scuole di cucina, scrivono libri su libri, fanno pubblicità a questo o quel prodotto, elaborando prodotti a loro nome e chi più ne ha più ne metta. Insomma, lo Chef stellato preferisce il calore dei riflettori al calore dei fornelli.
E la domanda sorge spontanea. Quanto di vero c'è in questa modus operandi?
Il fatto che un bravo e telegenico cuoco mi proponga delle ottime ricette o mi dia dei consigli su certe preparazioni mi da la certezza che sto effettivamente seguendo i suoi consigli? Io penso di no...
Quei consigli sono, inevitabilmente, filtrati, controllati dagli autori del programma, sono studiati per essere comprensibili ai più e politicamente corretti.
Scommetto che vi sarà capitato di vedere qualche puntata di Cuochi e Fiamme, di Master Chef, di La prova del Cuoco, sono inevitabilmente programmi interessanti per chi ama la cucina, che invogliano a cimentarsi ai fornelli, che comunicano una cultura del cibo, tutto sommato, accettabile e abbastanza coerente con la nostra cultura gastronomica italiana. Ma, a mio parere, chi segue questi programmi o legge questi libri deve guardare oltre lo schermo, oltre il libro, oltre le scuole e andare indietro nel tempo, a quando i nostri nonni e bisnonni con poco riuscivano ad avere molto, con semplicità riuscivano ad elaborare la complessità. Bisogna liberarsi dalle zavorre dei mille consigli per guardarsi dentro e trovare la propria strada, la propria idea, la propria cultura culinaria che è insita nel nostro DNA di italiani.
Siamo tutti, chi più chi meno, innamorati della cucina. Tutti gli italiani dovrebbero saper fare e farsi da mangiare, non perchè lo dico io o la Clerici o lo Chef stellato di turno, ma perché, in quanto italiani, siamo portatori sani di gusto e creatività vera.
La verità di una persona o di cuoco si assapora solamente seduti al tavolo da pranzo della sua cucina o al tavolo della sala del suo ristorante. Chi non cucina per gli altri non vuol farsi conoscere, non vuole rivelare la propria anima preferendo l'ombra e l'anonimato del fast food o del già pronto e surgelato.
Quindi, se mi è permesso un consiglio, quando vi è possibile, cucinate pranzetti o cenette a casa vostra, cimentatevi con le preparazioni e a andate al ristorante con spirito critico e analitico, scoprirete profondità inesplorate che vi arricchiranno come persone ma soprattutto come italiani.

venerdì 20 luglio 2012

Gelato tutto l'anno x favore

Ho la fortuna di abitare sopra a una gelateria, anzi, 3 piani sopra a una delle migliori gelaterie di Padova. Come al solito non farò nomi, per non farle ulteriore pubblicità, che, a quanto vedo, non ne ha bisogno.
E' una storia curiosa da raccontare. Prima di quella gelateria, 14 anni fà, c'era una gelateria. Mi spiego meglio. Quando nel 1998 mi trasferii e venni ad abitare nella casa dove vivo oggi, in quei locali in cui oggi risiede la migliore gelateria patavina risiedeva una gelateria che, contrariamente a questa, era a dir poco pessima. Una classica gelateria con 10 gusti al massimo che apriva solo di sera.
Poi dopo 2 anni, ovviamente, chiuse, e dopo un po' arrivò una banca che resistette per ben 10 anni, per poi abdicare in favore di un parrucchiere per donna, con arredamento alla moda e angolo manicure. La particolarità è che faceva i prezzi più bassi che si siano mai visti. Infatti dopo pochi mesi chiuse e si dice che il titolare, pieno di debiti, sia scappato chissà dove.
Bene, quindi dovemmo aspettare quasi un anno prima di rivedere un po' di movimento in quei locali sfortunati. Ma Padova, dal 1998, era cambiata parecchio. Mi riferisco alla imposizione della ZTL (zona a traffico limitato) che come una scure ha costretto centinaia di negozi a chiudere perchè, come è noto, parcheggiare a Padova è come cercare un biglietto per la finale di Champions League. Quindi raggiungere il centro, in auto, è possibile solo tramite pochi varchi e uno di questi è la via in cui abito. Geniale fu, quindi, il mix tra accessibilità e qualità. Questo è ciò che caratterizza la migliore gelateria di Padova sotto casa, la qualità intesa come varietà di gusti, bontà degli stessi siano essi classici come l'amato pistacchio o stravaganti come il bacio di dama con inserti croccanti.
Non starò ad elencarvi tutti i gusti da me provati che corrispondono all'intera loro offerta, ma mi soffermerò su un'altro e ultimo aspetto che, secondo me, ha fatto il successo di questa attività, ovvero, la gentilezza del personale tutto l'anno e non solo in estate. Non so voi ma mangiare una coppa di gelato in gennaio mi piace tantissimo e non vedo perchè un piacere così semplice come una pallina di pistacchio mi debba essere precluso solo perchè fuori ci sono -2° C.
Il gelato tutto l'anno, abbinato anche a un servizio creaps ricco e caldo e a una produzione di torte semifredde può far sopravvivere una gelateria anche nell'inverno più rigido. Questi e molti altri fattori contribuiscono al successo di un'attività come questa che, a quanto so, è molto remunerativa. Basti pensare al food cost di una coppetta di gelato con 2 gusti che grossomodo si aggira attorno ai 20 cent, aggiungiamo 10 centesimi per la coppetta di carta e il cucchiaino e arriviamo a 30 cent. Una coppetta 2 gusti costa al pubblico  € 2,50. Fatevi due conti, io li ho già fatti, e sono arrivato a una sola conclusione...prossimamente mi iscrivo a un corso per gelatai.